Ice Diving 2024 – Valdurna Bolzano

Introduzione di Giorgio Scritti di Dario e Samuele Foto Dario Lupi e Samuele Marzolo
10 Febbraio 2024

Mi dicono: “sei sempre al mare sott’acqua, prova a fare altre cose, almeno per variare. Sempre sott’acqua, ma non ti annoi?
Per esempio la montagna. Non dovresti sottovalutare la montagna, anzi fai un po’ di montagna una volta.”

Sai che c’è ? Avevano proprio ragione, proviamo un po’ di montagna.

Queste le prime parole dell’amico Dario! Chiude poi così sui suoi social:

“…grazie Samuele. Devo dire che questo per me è un po’ un gusto acquisito; una strana mescolanza di sapori: montagna, lago, ghiaccio, luce (tanta ), trasparenze eteree e buio profondo.
E come tutti i gusti, se si da loro un minimo di tempo, non è difficile imparare a comprenderli e ad apprezzarli.”

Questi sono i ghiacci, Signori!

Non tarda la risposta di Samuele:

” È come da bambini quando la mamma mette in tavola qualcosa che sei convinto non ti piaccia, poi cresciutello, a pranzo a casa della fidanzata, trovi la stessa pietanza e non puoi dire di no e allora scopri che in fondo in fondo ti piace e parecchio…e chiedi il bis.”

Le immersioni sotto il ghiaccio sono certamente affascinanti e offrono un’esperienza unica. Richiede competenze e preparazione, in cambio offre uno spettacolo mozzafiato. Certo, nulla deve essere lasciato al caso, dobbiamo considerarla un’esperienza estrema, ma con alle spalle una buona organizzazione e logistica, come quella offerta dal Soccorso Acquatico Bolzano tutto è possibile, facile, scorrevole e divertente. Complimenti!

La luce che filtra attraverso il ghiaccio ” buono ” crea scenari incredibili, offrendo a chi li immortala ricordi incredibilmente belli.

Lasciamo spazio alle sensazioni di Dario e Samuele ….

Dario Lupi scrive:

Confesso: ho un po’ d’ansia. Saranno state le raccomandazioni ripetute o il condizionamento di anni, ma il fatto di saltare in acqua senza aver provato gli erogatori o gonfiato il gav mi dà un po’ d’ansia. Samuele è stato categorico: NON fatelo, pena il rischio di congelamento del primo stadio.

Di fatto oggi la giornata è calda, potrei farlo, potrei impunemente gonfiare il gav, respirare dagli erogatori, quella cerimonia religiosa scaramantica di riflessi automatici allenati da anni, la cui esecuzione sussurra al tuo inconscio che va tutto bene.

Siamo in un’ampia valle, a 1700 metri circa, sulla superficie di un lago ghiacciato e siamo fortunati. Tutto è innevato e la giornata è sfolgorante, con un filino di vento che rende il tutto più frizzante. Il sole gagliardo riversa un fulgore abbacinante e la neve che copre la superficie, puntina il campo visivo di sbrilluccichi colorati. Migliaia di piccoli prismi ravvivano con i colori dell’iride uno scenario che altrimenti sarebbe di un bianco uniforme. Veramente notevole.


Le tende sono state montate sulla superficie del lago, due tende rosse e una arancione, a lato il buco quadrato sulla superficie. La macchina organizzatrice è gestita dalle persone del Soccorso Acquatico di Bolzano ( Wasserrettung Bozen ). Hanno montato queste tende; quella di soccorso, quella per le attrezzature e la terza come refettorio, hanno tagliato il ghiaccio e sistemato le transenne, sono loro che dirigono tutto quello che accade qua attorno.
La profondità sotto di noi non è esattamente abissale. Dal bordo del foro è possibile intravedere il fondo , 3 – 4 metri sotto.
Nonostante la maestosità dello luogo, attorno a me l’attività è frenetica, i volontari del soccorso battono i tempi per mantenere il cronoprogramma della giornata e far si che ognuno possa entrare in acqua al momento stabilito.
È Diego che gestisce la sicurezza del punto d’ingresso a controllare attentamente i sub che entrano in acqua. Lui presidia il primo foro. Mostra loro i moschettoni e come si aprono. I partecipanti devono rimanere collegati con due cime, ognuna dotate di due moschettoni. Il fatto è che qua c’è un sacco di gente nuova, come il sottoscritto e i ragazzi del supporto sono molto preoccupati che qualcuno perda la cima e disorientato vada a perdersi in qualche punto del lago sotto il ghiaccio. Per evitare questo genere di eventi ogni accortezza è stata adottata come il sistema dei doppi moschettoni.

Le due cime sono fissate ad un d-ring del BC, una volta in acqua il sub dovrà collegarle alla sagola guida e seguire con quella il percorso. Ad ogni giunzione è necessario “saltare” da una cima all’altra , sempre un moschettone per volta. C’è da farci un po’ la mano.

Sotto la superficie, il percorso sagolato parte dal foro vicino alle tende e piega a 90 gradi in concomitanza di altri 3 buchi, descrivendo così un circuito chiuso che ha la forma di un quadrato. Ogni foro è presidiato per verificare che i divers si muovano correttamente lungo la linea guida. Nessuno deve staccarsi e rischiare di perdersi sotto la superficie, tutto viene attentamente monitorato con un una comunicazione continua tra gli osservatori e il coordinamento centrale:” Il gruppo 2 ha passato il 3o foro”, “Ok fate partire il gruppo 3, Gruppo 4 prepararsi, tra 10 minuti in acqua”.

Adesso inizio a rendermi conto dove sono. Focalizzato come ero sui microcompiti e sui micropassaggi da effettuare ero stato fino in quel momento concentratissimo per non dimenticare nulla. Sono sotto il ghiaccio e c’è un sacco di luce. Questo non l’avevo previsto. Tiro via la copertura dell’oblò, accendo la macchina e guardo il visore. Ed è vero, c’e’ un sacco di luce. Le preimpostazioni fatte fuori dall’acqua sono completamente sballate. La giornata è soleggiata, sono quasi le 13:00 e dall’alto la superficie fa filtrare molta luce. Giù gli iso, arrivo a 400, tempi più veloci, fino ad 1/100, ora ci siamo. Scatto, guardo il risultato ed effettivamente mi sembra accettabile.

Immaginavo di dover essere al buio, fortemente dipendente dalla torcia e invece c’è luce. La situazione è nettamente differente da quella che si può vivere nel lago di Como, d’altra parte sono anche a 3 – 4 metri di profondità. L’acqua è tra i 3 e i 4 gradi, fredda ma non freddissima. Pensavo di patire il freddo, ma sarà il fatto che sono in costante movimento, sarà che il runtime è limitato, ma sono in comfort. Non fosse per le punte delle dita da cui il freddo si sente eccome, direi che sono praticamente al calduccio.
Sopra di me, le bolle fuggono verso l’alto per poi fermarsi sotto la superficie del ghiaccio, quasi come delle pozzanghere al contrario. L’impressione è straniante.

A guardare il buddy davanti con le bolle che risalgono periodicamente verso l’altro e li si schiacciano sulla superficie quasi che la gravità sia invertita, tutto corre verso l’alto e la si ferma. Seguo la sagola e penso oziosamente che girare la scena di 180 gradi avrebbe un senso, a quel punto il respiro dei subacquei che casca su quello che prima era il soffitto e che adesso è il pavimento, sarebbe corretto.


La visibilità è buona, direi che si vede per 4 – 5 metri, c’è luce, verrebbe voglia di rillarsi e staccarsi dalla cima. Oggi non si può , le regole di ingaggio sono molto rigide. È un peccato, adocchio sul fondo lo scheletro di qualche cosa, un grosso pesce? Forse uno storione. Scatto una foto, ma sono lontano. Nel lago di Como generalmente nere profondità insondabili si spalancano sotto di noi, qua invece ho il cielo di ghiaccio sopra, luminoso e intravedo il limo del fondo sotto. Il mondo è confinato da questi due estremi. È un mondo piccolo questo. Quasi confortante nella sua limitatezza. Forse è questo lo spirito del luogo, in quest’acqua mi sento quasi cullato.

Poi dopo qualche minuto di progressione lungo la cima, dall’alto i raggi di luce penetrano e illuminano un diedro d’acqua che nei raggi diventa di un bel turchese. Ci avviciniamo ad un altro foro della superficie. Qua il percorso vira di 90 gradi a destra, un altro lato del quadrato che termina nel foro successivo. Spostati velocemente i moschettoni dalla vecchia sagola alla nuova è il momento migliore per fotografare i compagni che mi seguono, perché anche loro si compattano attorno al salto. “Flash , flash, flash! Sorridi che anche con l’erogatore si vede!”, fatto.

E’ tutto molto veloce, arriviamo così al quarto e ultimo foro. Da sotto vedo Diego che coscienzioso ci aspetta . Escono Samuele e Silvano e entrano Giorgio e Gianfranco. Il mio GAV ha smesso di funzionare. Me ne ero accorto durante l’attraversamento del secondo lato. Lo segnalo a Diego, almanacchiamo un po’ ma non riusciamo bene a capire perché. Vediamo solo che la frusta sembra perdere un filino di bolle in continuazione. La perdita è minima. Segnalo che non è un problema: “ok per fare il secondo giro”. Dopo fuori dall’acqua capirò che il freddo aveva spaccato il piccolo oring di tenuta dell’innesto bloccando la valvola in una posizione di “quasi ma non del tutto” chiusa.
In ogni caso Il secondo giro è ancora più godibile. So cosa mi aspetta e scatto con più tranquillità e consapevolezza, certo le oscurità laterali del lago mi incuriosiscono. C’è un’oscurità che chiama, chissà cosa ci sarà. I sensi adesso sono acquiti. Sento i movimenti del ghiaccio sopra di me. I “crock” “crock” dei suoi assestamenti. Le lame di luce che penetrano dove è più sottile.

Riemergo e rimango con questo dubbio. Oggi è tutto molto bello e festante. Qua attorno c’è gioia, colore e tanta convivialità, ma mi è rimasto questo desiderio: tornare là , ma questa volta da solo, in quella specie di urna liquida così da godere del silenzio e della luce sacrale che sembra splendere solo là sotto.

Ci lascia Dario con un caldissimo ed emozionante racconto, ed è la volta di Samuele. Da un grande evento ben organizzato, alla grande esperienza, alle grandi capacità organizzative e con un grande supporto logistico, esce fuori un Samuele che si può annoverare tra i “CAPACI DEL GHIACCIO”.

Qui le sue parole:

La vita non è altro che una catena infinita di prime volte, che sono poi quelle che contano davvero. la prima volta che misi la testa sotto il ghiaccio da subacqueo ero in Piemonte: capanna Mautino, Donato mi invitò a fare l’esperienza che, ora me ne rendo conto, mi avrebbe folgorato. Conobbi un maestro delle immersioni estreme, Vincenzo, che come mi vide mi diede una maglietta dello staff e mi disse:” se vuoi imparare allora devi lavorare”. Ho lavorato tanto da allora, ho studiato e soprattutto mi sono immerso. le immersioni che ho fatto sotto il ghiaccio non le conto più, anche se le ricordo tutte ma oggi è di nuovo una prima volta. Ora mi sento pronto, dopo tante ore sotto l’acqua solida è arrivato il momento di dire si. Vi porto con me e ci divertiremo un sacco. Il durnholzer see e’ un lago nemmeno troppo piccolo, incastonato tra le montagne del sud Tirolo a un tiro di schioppo dall’Austria, non è la prima volta che vengo qui, gli amici del Wasserrettung soccorso acquatico di Bolzano ne hanno fatto un loro campo di addestramento, sono loro a curare la logistica di questi tre giorni “ghiacciati”.

Al briefing delle nove sono tutti presenti, c’è chi metterà per la prima volta la testa sotto il ghiaccio e chi, io, si prenderà l’onere e l’onore di essere la loro guida. In questi anni in molti hanno voluto ascoltare i miei racconti di immersioni montane e chiesto di portarli con me, ora alcuni di voi sono qui e l’emozione della prima volta è tanta per voi come per me. Ci si prepara in una comoda tenda riscaldata, la giornata è una meraviglia, di notte non ha nemmeno fatto troppo freddo, sufficiente però a formare un nuovo velo di ghiaccio sul foro realizzato ieri, un tiepido sole rende l’aria piacevolmente tiepida.

Passo da gigante e sono in acqua, il foro principale è sufficientemente ampio da permettere l’ingresso in questo modo ad almeno tre subacquei contemporaneamente, Diego e Michael ci assistono dal bordo assicurandosi che tutto sia a posto, alcuni loro colleghi stazioneranno all’esterno di ognuno dei 4 fori attraverso i quali si snoda il percorso che effettueremo. Il tempismo oggi sarà una componente fondamentale di tutte le immersioni, io dovrò stare in acqua per accompagnare tutti coloro che sono alla prima esperienza e quindi tutti dovranno essere pronti ad entrare al momento giusto. Alla fine segnerò un’ora e ventotto minuti di acqua solo nella prima immersione, l’acqua è a tre gradi.

Ivan, Marcello, Davide, Graziano, Kevin, Pier e Silvano sono stati impeccabili, tempismo e immersioni perfettamente coordinate, anche Dario è stato spettacolare ma chi lo conosce lo sa, lui è una garanzia, in acqua come fuori, non parliamo poi di cosa riesce a fare con quella sua giganterrima macchina fotografica. L’ultimo giro spetta d’onore a due amici che sono venuti a trovarci e che di ghiaccio ne hanno già masticato parecchio, Giorgio e Gian, come non definirli… due amici di spessore, in tutti i sensi.

Emozioni e luci, si potrebbe riassumere così una giornata di immersioni sotto il ghiaccio, particolare e densa come l’acqua fredda che ci abbraccia, calda e rassicurante come la compagnia degli amici con cui la si condivide. ora a cena, domani si ripete.

Strana gente quella che condivide la passione passione per il freddo, sarà forse per compensare le temperature rigide che i sorrisi all’uscita dall’acqua sono così caldi.

Riprendo la parola dopo questa vivida emozione che lascia la “prima volta”. Si, perché per l’Amico Samu era il primo corso Ice Diving come formatore. Ora non vi resta che mettervi in coda per l’Ice Diving 2025 pieno di sorprese e chissà… chi vieta di pensare in grande? Mari del Nord, arriviamo!

A presto!

Giorgio Anzil

Regional Manager UTRtek e Responsabile dell'Organo di Stampa Ufficiale UTRtek Magazine

Una storia curiosa che nasce il 12 Luglio 1976
https://www.giorgioanzil.it/chi-sono/

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